Sgominato un gruppo che “gestiva” giovani bulgare obbligate a prostituirsi alla stazione di Catania. Gli agenti della squadra mobile etnea nell’ambito dell’operazione “Bokluk” (parola bulgara che indica la spazzatura e termine usato dai coinvolti per chiamare le vittime) hanno arrestato otto persone e notificato un obbligo di soggiorno a un 73enne. Si segnala che un decimo indagato è momentaneamente irreperibile. Carcere per Emil Milanov (di 49 anni), Milena Milanova (di 31), Maria ‘Zinà Kozarova (di 27) e Massimo Corrado (di 33). Posti ai domiciliari Francesco Barbera (di 40 anni), Giuseppe Caruso (di 35), Alessandro Santo Coco (di 31) e Elena Angelova (di 33). Si ipotizzano i reati – a vario titolo – di tratta di persone, riduzione in schiavitù nonché associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, crimini aggravati dalla transnazionalità. La Polizia ha sequestrato materiale informatico, telefonini, oggetti preziosi e denaro.
L’organizzazione “reclutava” ragazze della Bulgaria pagandole poco più di 6mila euro per obbligarle a prostituirsi in strada. Le donne erano tenute in schiavitù. La denuncia di due bulgare nei confronti di una straniera che pretendeva di essere pagata per il cosiddetto “joint” (spazio che occupavano in strada per prostituirsi) ha fatto scattare le indagini, avviate nel giugno del 2020.
I poliziotti della sezione Criminalità straniera e Prostituzione, coordinati dal pool di magistrati della DDA di Catania, hanno scoperto che le donne alloggiavano in abitazioni fatiscenti nel quartiere San Cocimo in pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà e dei documenti di identità. Erano sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere. I criminali ottenevano così un introito costante di circa 1.400 euro a settimana per ogni ragazza. Le giovani subivano percosse e soprusi. Le donne dovevano prostituirsi ogni giorno dalle 19 alle 4:30, nonostante le misure restrittive anti-Covid-19. Una delle ragazze era affetta da un grave handicap ed è stata individuata dagli agenti in casa del promotore del sodalizio. Adesso è stata posta in una struttura protetta per vittime di tratta. “La ragazza era maltrattata dall’intero sodalizio, che – spiega la DDA -, approfittando dell’estrema vulnerabilità, dovuta alla sua condizione di donna, straniera e affetta da un grave e limitante handicap. La costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, cucinare, svegliandola in alcuni casi in piena notte e vessandola con violenze fisiche e verbali indescrivibili”.
La Procura di Catania sostiene che l’organizzazione criminale ha previsto una precisa assegnazione di ruoli e compiti tramite il contributo e la collaborazione operativa di italiani e bulgari con mansioni di controllo e di accompagnamento delle vittime.